Alternativa
a causa di tali lati negativi c'e una diffusione nell'opinione pubblica di atteggiamento di critica
→ formazione di iniziative operative, come no global
insieme di diversi gruppi che si oppongono a politica improntata al profitto delle organizzazioni economiche mondiali e delle imprese transnazionali
Particolare visibilità ha, a livello internazionale, il movimento no global. Nato nel 1999 a Seattle, in occasione del vertice del WTO (World Trade Organization) sul commercio mondiale, esso comprende una vasta rete di gruppi e associazioni, spesso molto diversi tra loro per orientamento ideologico, modalità e obiettivi politici della loro azione, che si oppongono alla politica delle organizzazioni economiche mondiali e delle imprese transnazionali e proposte una globalizzazione alternativa, a beneficio dei paesi in via di sviluppo e dei settori più deboli della popolazione mondiale. Alcuni sociologi ritengono più corretta la denominazione "new global", dal momento che gli stessi protagonisti del movimento sostengono che la loro protesta non è contro la globalizzazione, ma per una globalizzazione diversa, solidale, rispettosa dell'ambiente che si ponga dalla parte dei paesi in via di sviluppo e delle culture che rischiano di scomparire in seguito alla diffusione del modello di vita occidentale.
Coscienza globalizzata
La globalizzazione ha effetti decisivi anche sul modo in cui le persone vivono e percepiscono la loro vita. Ognuno di noi ha la sensazione che in poco tempo la realtà sia cambiata e che tali mutamenti, lungi dall'essersi esauriti, dovranno continuare ancora indefinitamente. In altre parole, abbiamo la percezione che il mondo sia improvvisamente diventato "più piccolo", che la velocità con cui i mezzi di comunicazione ci informano degli eventi abbia di colpo reso familiare ciò che un tempo era avvertito come estraneo o scarsamente rilevante per la nostra esistenza. Come notava ironicamente nel 1999 Anthony Giddens, la maggior parte di noi può scoprire che la faccia di un personaggio politico internazionale gli è più familiare di quella del suo vicino di casa.
In questo contesto globalizzato, le persone vivono anche il sentimento di un'interdipendenza globale: sono cioè consapevoli che quanto avviene in qualsiasi punto del mondo si tratti di una crisi politica, di una congiuntura economica o di una catastrofe naturale può avere effetti decisivi sul mondo e sulla vita di tutti. Questa sensazione, se da un lato può favorire la maturazione di una coscienza critica e di un sentimento di responsabilità collettiva, da un altro lato può per converso generare un senso di smarrimento e di impotenza, nella misura in cui l'individuo ha l'impressione che il complesso degli eventi e delle loro relazioni sia al di là della sua capacità di comprensione e controllo. Anche la ricchezza e rapidità con cui le informazioni ci raggiungono, accresce questa impressione, impedendoci spesso di distinguere, nel caos dei dati cui disponiamo, ciò che è affidabile da ciò che è dubbio, ciò che è fondamentale da ciò di minore importanza, ciò che è definitivo da quanto invece è in fase di evoluzione.
Zygmunt Bauman ha coniato l'espressione “vita liquida” in cui l'uomo globalizzato vive pertanto in una situazione psicologica di precarietà e incertezza, in cui l'inadeguatezza di fronte ai continui mutamenti si sposa con I’impossibilita di costruire situazioni stabili, sul piano professionale e su quello degli affetti, nell'appagamento di bisogni materiali e no.
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