Skip to main content

GLOBALIZZAZIONE: La teoria della decrescita

 


La preoccupazione per gli squilibri sociali e ambientali dell'economia globalizzata ha indotto molti intellettuali a mettere radicalmente in discussione i presupposti su cui essa si regge, ovvero l’idea di sviluppo che vi è sottesa.  Una critica particolarmente radicale a questo modello è rappresentata dalla cosiddetta teoria della decrescita, che ha, tra i suoi esponenti principali, il filosofo ed economista francese Serge Latouche


La teoria della decrescita parte dal presupposto che il concetto di sviluppo su cui si fonda la società industriale contemporanea sia viziato da un equivoco di base, ossia la tendenza ad assumere la crescita del PIL come il parametro più significativo.  Il PIL è un dato puramente numerico, che indica la quantità di beni e servizi prodotti in un certo Stato, in funzione dei consumi dei cittadini. Il suo aumento, quindi, non equivale necessariamente a benessere, anzi spesso si pone in contrasto con esso.



Secondo i teorici della decrescita, tuttavia, un modello di sviluppo che persegua solo il forsennato aumento della produttività non compromette soltanto la qualità della vita, ma ne metterebbe oggettivamente in pericolo le fondamenta.  Un tale modello espone infatti il ​​pianeta a uno sfruttamento selvaggio, insostenibile sia in termini di capacità di rigenerazione della biosfera, sia in termini di distribuzione equilibrata delle risorse: è stato calcolato che se tutti gli abitanti del mondo consumassero come i popoli del ricco occidente la Terra dovrebbe sestuplicare le sue dimensioni per supportare un simile impatto.  Di fronte a una prospettiva, è necessario modello economico alternativo, basato sulla riduzione dei consumi e, in generale, sul ridimensionamento del ruolo del mercato nel soddisfacimento dei bisogni umani.  

Si tratta di un programma che chiede l'impegno di tutti e che può essere intrapreso, a piccoli passi, anche nella nostra quotidianità, grazie a comportamenti critici e responsabili come il riciclaggio o il riutilizzo degli oggetti, l'autoproduzione dei beni, l'attivazione di scambi non mercantili con le altre persone.


Comments

Popular posts from this blog

LA RICCHEZZA DELLA DIVERSITA' OGGI

  DALLA MULTICULTURALITA' AL MULTICULTURALISMO La necessità di salvaguardare la diversità e di garantirne la libera espressione si traduce oggi, sul piano sia teorico sia operativo, nel multiculturalismo. Con questo termine si indica un progetto di tutela delle diverse culture presenti su un determinato territorio, tramite interventi legislativi e politici che assecondino le richieste da esse avanzate. Le esigenze possono essere molteplici, e, di conseguenza, anche i provvedimenti che intendono rispondervi. Un gruppo socialmente minoritario: - può desiderare assetti giuridici più rispettosi delle proprie specificità culturali, - può invocare la rimozione degli ostacoli che gli impediscono l'effettivo esercizio delle libertà civili, - può sollecitare interventi concreti per superare una situazione di emarginazione sociale / per promuovere un'integrazione altrimenti difficoltosa. A livello politico-legislativo, il primo autentico documento multiculturalista della

LA DISOCCUPAZIONE

  UN CONCETTO COMPLESSO In generale, si può definire la disoccupazione come la condizione degli individui che, pur essendo idonei a svolgere un'attività lavorativa e desiderosi di lavorare, non trovano un'occupazione. Tuttavia, la connotazione negativa che il termine assume in questa definizione è relativamente recente, e non solo nel caso italiano. La stessa evoluzione semantica, infatti, si riscontra anche in altre lingue: in inglese il termine unemployed , che traduciamo con "disoccupato", originariamente designava semplicemente "colui che non lavora", indipendentemente dal fatto che cercasse o meno un'occupazione. Queste oscillazioni di significato sono dovute principalmente a due fattori: primo, il fatto che la disoccupazione come problema sociale è un fenomeno moderno, sconosciuto alle società preindustriali; secondo, il fatto che di tale fenomeno sono state date, come vedremo, interpretazioni molto diverse. Gli economisti distinguono inolt

IL POTERE

CHE COS'è IL POTERE ln generale, con il termine potere si intende la capacità di ottenere degli effetti, di produrre dei cambiamenti o di esercitare un'influenza. Nell'ambito particolare dei rapporti interpersonali e sociali, il potere coincide con la capacità, posseduta da singoli o da gruppi, di modificare il comportamento di altri singoli o di altri gruppi. Da questa definizione possiamo ricavare due aspetti fondamentali del potere: • in primo luogo, si tratta di un concetto che non si riferisce a una cosa, a un'entità, ma che coglie una relazione tra due singoli, tra due gruppi o tra un singolo e un gruppo; • in secondo luogo, quello di potere è un concetto bifronte, perché si può riferire sia a un comando impartito da un uomo (o da un gruppo) a un altro uomo (o gruppo), sia a un semplice "poter fare", "essere in grado di".  Di tale duplice natura ognuno di noi ha senz'altro fatto esperienza fin da quand'era piccolo: lo sviluppo f