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METODI QUALITATIVI E QUANTITATIVI

I metodi utilizzati nella ricerca sociale sono stati classificati in vari modi tenendo conto di alcune caratteristiche che li accomunano. una classificazione molto nota distingue tra metodi qualitativi e metodi quantitativi.

I metodi qualitativi producono resoconti, analisi approfondite, descrizioni e valutazioni della realtà sociale in cui la quantificazione numerica è modesta o del tutto assente, mentre è centrale la preoccupazione di capire come e perché si verificano certi fenomeni sociali. Appartengono ai metodi qualitativi l'osservazione partecipante, l'intervista libera non strutturata, la trascrizione di fonti orali, le storie di vita.

I metodi quantitativi, invece, si interessano maggiormente del "quanto e quante volte" e danno luogo a misurazioni dei fenomeni sociali sinteticamente esposte sotto forma di tabelle e statistiche numeriche (codice digitale) o di rappresentazioni grafiche (codice analogico). Appartengono ai metodi quantitativi gli strumenti più usati nelle inchieste di medio raggio, come l'intervista e il questionario strutturati.

Sia i metodi qualitativi sia quelli quantitativi presentano pregi e limiti e la scelta dell'uno o dell'altro approccio appare legata più alle finalità complessive della ricerca e al particolare orientamento ideale del sociologo che all'intrinseca bontà o validità del metodo stesso.

I metodi qualitativi consentono un'approfondita conoscenza di pochi casi esemplari o particolarmente significativi, la cui esplorazione comporta tempo, pazienza e notevoli risorse economiche; potremmo dire che sono gli strumenti più adeguati a un'indagine prolungata nel tempo o di carattere intensivo (più approfondita che vasta), che richiede la presenza del ricercatore sul campo, come l'indagine di Willis sugli scavezzacolli.

I metodi quantitativi, invece, permettono un veloce screening di ampie quote di popolazione a cui vengono sottoposte le stesse domande preparate in anticipo; i loro pregi sono la velocità di esecuzione e il costo contenuto, e la loro collocazione ideale è un'indagine di tipo estensivo (più vasta che approfondita), di cui sono esempi la rilevazione degli ascolti radiotelevisivi o un questionario sui consumi spedito per posta a un consistente numero di persone.

Una ricerca di ampie proporzioni, con finanziamenti sicuri e senza limiti di tempo troppo stretti, potrebbe avvalersi di entrambi gli approcci: in un primo momento di quello qualitativo  per sondare preliminarmente il contesto sociale prescelto (ad esempio, facendo parlare liberamente alcuni protagonisti attraverso interviste libere non struttu rate); successivamente potrebbe utilizzare interviste e questionari strutturati per raccogliere in modo sistematico i dati sull'entità e le caratteristiche del fenomeno preso in esame e per effettuare sondaggi d'opinione.

Il terreno di elezione della ricerca qualitativa è l'antropologia; il metodo qualitativo più conosciuto e usato è l'osservazione partecipante, in cui il ricercatore si mescola ai soggetti osservati e ne condivide le abitudini di vita. Questo metodo è stato messo a punto dai grandi antropologi del Novecento: Malinowski, Bateson, Mead, Benedict. Anche in sociologia, però, troviamo autori e correnti che hanno prediletto l'indagine intensiva e approfondita su pochi soggetti seguiti per un periodo di tempo abbastanza lungo. E il caso, ad esempio, della ricerca condotta negli anni Cinquanta del secolo scorso dal sociologo statunitense Howard Becker (nato nel 1928) sulla vita dei musiacisti che si esibiscono nelle sale da ballo: per realizzarla Becker, egli stesso musicista, condivise per un periodo di tempo piuttosto lungo la loro vita errabonda caratterizzata da orari e abitudini particolari.

DIVERSI TIPI DI OSSERVAZIONE

L' "osservazione" è il metodo più indicato per registrare le varie manifestazioni del comportamento non verbale. I due tipi principali di osservazione sono quella -partecipante", e quella "non partecipante", in cui l'osservatore mantiene una posizione distaccata oppure fa in modo che i soggetti osservati non si accorgano della sua presenza.

Il metodo dell'osservazione partecipante è stato codificato dalla ricerca antropologica del Novecento. I grandi protagonisti di questa disciplina, da Malinowski a Boas a Mead e Levi-Strauss, trascorsero lunghi periodi di tempo presso le popolazioni di cui poi descrissero la cultura, condividendone usi e costumi.

L'osservazione non partecipante può essere condotta sul campo, ossia nelle condizioni abituali di vita e lavoro dei soggetti osservati, oppure nella situazione artificiale del laboratorio. Un esempio del primo tipo di osservazione è la rilevazione delle interazioni sociali in un gruppo-classe, svolta da psicologi scolastici o dagli stessi insegnanti; un esempio del secondo tipo sono le osservazioni sulle dinamiche nei piccoli gruppi condotte su soggetti volontari in laboratori provvisti di specchi unidirezionali e di strumenti di registrazione; questi ultimi possono essere semplici tabelle a doppia entrata, oppure rotoli scorrevoli di carta su cui annotare i comportamenti osservati, o ancora sofisticate videocamere digitali.

I metodi osservativi presentano numerosi vantaggi: l'osservazione partecipante consente uno studio dettagliato, approfondito e protratto nel tempo e non introduce moltiplicazioni nella situazione osservata, che mantiene quindi, nonostante la presenza del ricercatore, le proprie caratteristiche naturali; l'osservazione non partecipante condotta in laboratorio consente di tenere sotto controllo le variabili prescelte.

Gli svantaggi delle indagini osservative, invece, sono: l'impossibilità di stabilire dei rapporti di causa -effetto tra due variabili, le dimensioni generalmente modeste del campione in esame e la difficoltà di ottenere una completa quantificazione dei dati.


QUESTIONARIO E INTERVISTA

Nella lingua inglese si definisce survey l'inchiesta di medio raggio, che serve per conoscere comportamenti e opinioni di ampie quote di popolazione. Gli strumenti di indagine più utilizzati nell'inchiesta sono il questionario e l'intervista strutturati. Entrambi si compongono di una lista di domande, con la differenza che il questionario può essere recapitato per posta e compilato senza bisogno di assistenza, mentre l'intervista richiede sempre la presenza dell'intervistatore.

II questionario è una lista di domande strutturate (scelta multipla, vero/falso ecc,) o aperte alle quali il soggetto deve rispondere con la garanzia dell'anonimato. Essendo rivolte a campioni di regola molto numerosi, le domande devono essere brevi, chiare e, semplici, prive di ambiguità e non tendenziose. Anche la grafica è importante: la disposizione delle domande  deve attirare il compilatore e non scoraggiarlo; sono da evitare quindi i caratteri troppo piccoli, la spaziatura minima e tutto ciò che può rendere difficoltosa la lettura. Il questionario è lo strumento di indagine più indicato per raccogliere velocemente una grande quantità di dati sulle abitudini e le opinioni dei cittadini, allo scopo di "fotografare" una situazione sociale. (ln altro vantaggio del questionario è la possibilità che offre di elaborare statisticamente le domande strutturate, in modo relativamente semplice e veloce. Il limite di questo metodo, invece, è l'assenza di flessibilità: il questionario, infatti, pone a tutti gli interpellati le stesse domande e non consente nessun tipo di approfondimento.

Grazie alla presenza del sociologo, che fa le domande e interagisce con l'intervistato, l'intervista è uno strumento più duttile e flessibile del questionario. Oltre all'intervista completamente strutturata, in cui l'intervistatore si limita a leggere le domande scritte e annotare le risposte, esistono forme intermedie di strutturazione, che danno una certa "libertà di manovra" all'intervistatore, rendendo possibili domande elaborate sul momento allo scopo di approfondire tematiche interessanti che emergono durante la conversazione.

Nella conduzione del colloquio, l'intervistatore può essere direttivo o non direttivo; nel primo caso conduce il gioco, pretende risposte precise e lascia poca libertà all'intervistato; nel secondo si limita a stimolare l'interlocutore e cerca di metterlo a suo agio per farlo parlare liberamente. Come tutti i metodi che scavano in profondità, l'intervista ha tempi di attuazione piuttosto lenti e la sua riuscita è legata alla competenza e all'esperienza dell'intervistatore.

La tecnica non direttiva è particolarmente indicata nella raccolta di quegli ampi e dettagliati resoconti di vicende biografiche individuali che prendono il nome di storie di vita. Si tratta di narrazioni esemplari che tratteggiano e illuminano condizioni di vita di grande interesse sociologico, spesso marginali come quelle dei barboni, dei baraccati, degli immigrati clandestini, dei nomadi. Le storie di vita si collocano agli antipodi delle indagini quantitative svolte su ampi campioni di popolazione, e interessano soprattutto chi ritiene che in sociologia la singola testimonianza diretta sia insostituibile per la ricchezza di informazioni e le possibilità di approfondimento che offre.

Tecnicamente la storia di vita si presenta come la registrazione fedele di un resoconto orale, fatta in modo che la cultura e la personalità di chi esegue la trascrizione non modifichino le caratteristiche e la spontaneità della narrazione. ln alcuni casi le storie di vita hanno funzionato anche dal punto di vista letterario e sono state pubblicate in collane di narrativa: ricordiamo, ad esempio, la storia di Rigoberta Menchü, la donna guatemalteca premio Nobel per la pace nel 1992 che lotta per i diritti del popolo indio discendente dei Maya; nel 1983 Rigoberta Menchü raccontò alla studiosa francese Elisabeth Burgos la storia della sua vita che, pubblicata e tradotta in molte lingue, divenne un best seller internazionale.

 

ANALISI DEI DOCUMENTI

ln sociologia si definisce documento ogni testimonianza registrala su supporti di vario tipo (carta, nastro magnetico, pellicola cinematografica, CD, floppy disk ecc.) allo scopo di trasmettere o conservare informazioni. Il documento possiede quindi un'intenzionalità che non tutte le testimonianze hanno.




Un'utile classificazione dei documenti li distingue in:

  • personali (lettere, diari fotografie, filmati realizzati per uso privato,
  •  pubblici (verbali di riunioni, pagelle e registri scolastici, leggi e regolamenti, sentenze dei tribunali, materiale di archivio degli uffici, programmi radiofonici e televisivi, stampa periodica;
  • statistici: pubblicazioni curate da enti specializzati come l'ISTAT(che ogni 10 anni si occupa della redazione del censimento italiano);
  • scientifici: studi e resoconti di ricerche già svolte nell'ambito delle scienze sociali, ad esempio i rapporti IARD sui giovani o quelli della Caritas sull'immigrazione.

Nella storia della sociologia le prime ricerche empiriche sono state condotte su documenti. Gli esempi più famosi sono l'indagine sul suicidio di Durkheim e la ricerca sulle condizioni di vita e la mentalità degli immigrati polacchi negli Stati uniti di Thomas e Znaniecki. Durkheim utilizzò studi precedenti e documenti tratti dagli archivi del Ministero della giustizia, mentre Thomas e Znaniecki utilizzarono anche molto materiale privato, soprattutto lettere degli immigrati ai parenti rimasti in Polonia.

Anche se a partire dagli anni Venti del Novecento la ricerca sociologica si è spostata sul campo, privilegiando i metodi di inchiesta e l'osservazione diretta dei comportamenti, l'analisi dei documenti resta comunque ancora oggi un metodo importante e praticato. Per "far parlare" i documenti e ricavarne le informazioni che interessano si possono usare tecniche qualitative o quantitative: le prime portano a descrizioni, valutazioni, ricostruzioni di abitudini e mentalità, mentre le seconde servono per ricavare dati numerici, elenchi e misure. Di queste ultime è un esempio l'analisi del contenuto, frequentemente  usata nelle ricerche sui contenuti dei mass media. Attraverso una serie di sofisticate procedure si arriva a una mappatura del campione preso in esame (denominato "unità  analisi che rivela quante volte, in che modo e per quali scopi il contenuto che interessa (ad esempio, la violenza o lo stereotipo etnico) è presente nell'unità di analisi prescelta. Il vantaggio dell'esame dei documenti è la sua praticità: si tratta di una tecnica che permette al ricercatore di risparmiare tutto il lavoro di produzione dei dati mediante osservazioni, interviste, questionari e altri metodi, perché li offre già pronti e spesso ordinati e  catalogati, come nel caso dei documenti di archivio. Lo svantaggio, invece, è che far par lare i documenti, come ben sanno gli storici, non è semplice e si ha spesso l'impressione di non cogliere la situazione sociale nella sua immediatezza, come accade invece registrando le reazioni dei protagonisti nei casi di interviste e questionari. Un altro limite dell'esame dei documenti, che è importante tenere presente, è l'inevitabile parzialità dei  documenti stessi. Per quanto riguarda il passato, ad esempio, i documenti scritti privati  (lettere, diari, memoriali) ci parlano soltanto di coloro che sapevano leggere e scrivere, quindi delle classi privilegiate. La storia delle classi popolari va invece ricostruita attraverso altri tipi di testimonianze. Per fare un esempio concreto, riguardo alla "caccia alle streghe" del XVI secolo i documenti che ci sono pervenuti ci permettono di conoscere il punto di vista degli accusatori, l'unico trasmesso attraverso i verbali dei processi.

 

IMPREVISTI

Come abbiamo visto, ogni indagine sociologica richiede un'attività complessa, scandita in più fasi e protratta nel tempo. È quindi importante che il ricercatore sia consapevole fin dall'inizio della possibilità che si verifichino, già nelle prime fasi della ricerca, situazioni impreviste e perturbanti che possono modificare il quadro prestabilito. Alcuni di questi effetti imprevisti che compaiono in corso d'opera, definibili come "elementi di perturbazione dell'indagine scientifica", sono noti da tempo: la storia della sociologia ne offre degli esempi classici. Qui di seguito descriveremo brevemente l'effetto Hawthorne e la serendipity, con la guida di due autori classici della sociologia: Elton Mayo e Robert Merton.

EFFETTO HAWTHORNE


L'espressione effetto Hawthorne deriva dal nome degli stabilimenti Hawthorne della Western Electric Company, un'azienda produttrice di telefoni situata a Chicago, all'interno della quale Elton Mayo condusse a partire dal 1927 delle ricerche sull'organizzazione del lavoro. Nelle prime indagini Mayo e collaboratori si proposero di verificare l'influenza di alcune condizioni materiali (illuminazione dei locali, ritmi di lavoro, pause, rumori) sulla produttività di un gruppo di operaie: una classica rilevazione del variare delle risposte al variare degli stimoli. Ci si accorse ben presto che la produttività aumentava sia nel gruppo di prova sia in quello di controllo e indipendentemente dal variare delle condizioni materiali di lavoro. Poiché l'unico stimolo esterno comune ai due gruppi era la presenza dei ricercatori impegnati a rilevare gli effetti delle variabili introdotte, si comprese che essere oggetto di osservazione aveva prodotto degli effetti imprevisti di responsabilizzazione, coesione ed efficienza assai più evidenti delle risposte agli stimoli dati dai ricercatori stessi.

 L'effetto Hawthorne fu un imprevisto gravido di conseguenze per la ricerca sociale, perché rivelò la presenza di un feedback (retroazione) tra osservatori e osservati. ln concreto, da un lato,

I comportamento inatteso proveniente dai soggetti sperimentali arrivò a modificare orientamento della ricerca stessa, che, da indagine di tipo comportamentista, si trasformò in una delle prime ricerche accurate di psicologia sociale sulle interazioni nei gruppi; dall'altro lato, fu confermata l'esistenza di un effetto ricercatore, conosciuto anche dagli scienziati della natura, secondo il quale la presenza di un soggetto che controlla, misura, verifica può modificare sensibilmente lo svolgimento di un'indagine scientifica influendo sui risultati.

SERENDIPITY

Coniata dal letterato o Horace Walpole nel 1 754, la parola serendipity significa possibilità di fare piacevoli scoperte per puro caso, proprio come accadeva ai tre principi di Serendip, l'antico Sri Lanka , i quali, secondo Walpole, quando viaggiavano scoprivano continuamente per effetto del caso o grazie alla loro sagacia, cose che non stavano assolutamente cercando.




Il concetto di serendipity fu caro al grande sociologo statunitense Robert Merton ( 1910 2003), che vi dedicò quarant'anni di ricerche e studi, che poi confluirono in un libro pubblicato solo di recente.

In precedenza, l'autore aveva trattato l'argomento in Teoria e struttura sociale (1957), nel contesto di osservazioni sul ruolo attivo della ricerca empirica nei confronti della teoria. Secondo Merton, infatti, la ricerca empirica non ha solo il compito (passivo) di controllare e verificare le ipotesi, ma può anche dare origine a nuove ipotesi "in corso d'opera" e in tal modo suscitare, riformulare, riorientare e chiarificare la teoria.

Ciò avviene perché in ogni ricerca di sociologia empirica è insita una componente di serendipity, ovvero la possibilità di scoprire delle novità alle quali non si pensava affatto. A tale proposito occorre che il ricercatore sappia cogliere, con acume da investigatore, la rilevanza di dati anomali e imprevisti che gli si presentano davanti, dai quali si può sviluppare una nuova teoria. Così fecero, ad esempio, e in ambiti assai diversi, Alexander Fleming all'epoca della scoperta della penicillina e Sigmund Freud quando attribuì ai lapsus di lingua e memoria la funzione di sintomi dell'attività psichica inconscia.

Come esempio di serendipity nella ricerca sociale, Merton riferisce un episodio accaduto durante un'indagine da lui condotta a Craftown, una comunità suburbana di circa 700 famiglie. Merton e collaboratori notarono che a Craftown c'era un elevato grado di partecipazione alla vita sociale, con intensa frequentazione di associazioni e gruppi. Il fatto singolare era che la grande partecipazione alla vita sociale riguardava anche le famiglie . con bambini piccoli che di solito, in particolare nelle classi meno abbienti, escono poco di casa. I genitori interpellati spiegarono che potevano uscire tranquillamente perché a Craftown era molto facile trovare degli adolescenti che badassero ai loro bambini. Era una spiegazione ragionevole, ma non corrispondente alla realtà dei fatti, poiché il rapporto numerico tra adolescenti e bambini piccoli a Craftown era a tutto svantaggio dei primi, circa 1:10. Era quindi falso che vi fossero molti adolescenti disponibili a fare da baby sitter. Questo dato anomalo e imprevisto (la falsa percezione della realtà da parte dei genitori di bambini piccoli) fu considerato rilevante dai sociologi che, approfondendolo adeguatamente, fecero una scoperta inattesa. Nuove interviste con gli abitanti permisero di capire che la facilità di trovare ragazzi in grado di badare ai bimbi piccoli non dipendeva dal numero complessivo di adolescenti (scarso), ma dal numero di adolescenti ben conosciuti e fidati. L'errore di valutazione numerica, compiuto da quei genitori che avevano detto agli intervistatori quanto fosse facile a Craftown trovare giovani baby sitter, dipendeva dal senso di fiducia reciproca e di coesione sociale diffuso in quella piccola comunità. La percezione sociale non è neutra, ma è il prodotto di uno schema sociale interiorizzato.

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